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Il movimento centrale

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© Paola Formica per BC

Manlio, prima di essere un ciclista, era stato meccanico. E tra un meccanico e un ciclista, sua moglie lo sapeva bene, è di gran lunga un miglior amante un meccanico. Ma, si sa, nella vita siamo tante persone, come tante sono le pedalate, e tanti i terreni su cui si posa la bicicletta.

Il meccanico conosce i pezzi di ogni bicicletta di cui si è preso cura, il modo in cui si equilibrano tra loro, e con dolore si separa da una bici perché non più funzionante. Solo una cura sciatta rende vecchia una bicicletta, non certo gli anni. Gli anni la rendono preziosa, e ancor più bella. Un ciclista invece è innamorato dalla velocità, è distratto, vuole sentire il vento forte in faccia e tagliare per primo il traguardo, farsi fotografare con le mani in alto. Il meccanico lo segue in auto e gli porge la bicicletta giusta. È dalle mani del meccanico che la bici s’allontana pronta alla sfida e torna dopo aver viaggiato.

Manlio era entrambe le cose, e il ciclista stesso era un po’ meccanico e il meccanico un po’ ciclista. Avendo cominciato non giovanissimo con la competizione non era certo coinvolto in gare di chissà quale livello, ma comunque viveva quel sogno che aveva avuto da meccanico: unirsi a una squadra e dire la sua con il suo corpo, per un po’, magari una decina d’anni chissà, poi sarebbe tornato a tempo pieno all’officina, sicuramente con molta esperienza in più. Il suo socio era sempre presente al laboratorio, gli affari andavano bene, avevano molte commissioni e tanti ordini di bici su misura per professionisti e appassionati. Lavoravano per loro cinque meccanici e un contabile. Il sole splendeva sulla loro attività, aperta già da due generazioni prima.

«Vedi, di tutti i meccanismi quello che più assomiglia al cuore di noi uomini e donne è il movimento centrale. Se il movimento centrale si rompe sei fregato Manlio, ti devi fermare, non c’è niente da fare. Vuol dire che la bici s’è offesa, lo devi capire e la devi aggiustare». Il nonno di Manlio era toscano e fumava il sigaro, ed era un poeta inconsapevole. Quando Manlio gli domandava spiegazioni lui rispondeva sempre a metafore, e proprio a quelle metafore pensava adesso Manlio, mentre sua moglie Sara era lontana, perché s’era stancata di lui. L’officina andava bene, il suo rendimento in squadra era buono, si affacciava la bella stagione, eppure lei se n’era andata. Lui non capiva.

Ogni volta ricominciava i pensieri tutti da capo, tanto la notte era lunga e lui non riusciva a dormire. Una volta che le sfere bearings si spostano, si scompongono, si allentano tra di loro, bisogna aprire il movimento centrale e vedere un po’ di sistemarlo. Se il pedale oscilla non c’è sforzo che aiuti, non si procede, anzi si peggiora la situazione a furia di insistere, bisogna fermarsi. Una volta aperto, bisogna verificare che non ci siano segni di usura, come la ruggine per esempio, soprattutto per i telai che hanno il buco di fuoriuscita per l’acqua proprio in quel punto. Le sferette, nel bagno di grasso, le puoi trovare nella loro gabbia circolare, e devi controllare che siano intatte, sempre equidistanti e mobili, oppure, nelle bici più vecchie, le trovi libere e devi verificare che ruotino ancora.

Ma i pezzi di ricambio per una storia d’amore non si sa mai dove trovarli. E allora spesso si continua a pedalare fischiando forte per sovrastare i rumori che vengono dall’alloggiamento del movimento. A volte può anche succedere che una delle due metà di cui è composto il movimento centrale si sia saldato al telaio. «È frutto di sbagli, l’hai trascurato, e da lì Manlio dovrai continuare a vivere, lottare e soffrire potendone regolare solo metà. Devi spenderci cura e amore per assestarlo, lo devi ricontrollare spesso ma non troppo per farlo continuare a funzionare». Un buon artigiano non si lascia prendere alla sprovvista da un guasto, si dice, ed è forse da quando è diventato ciclista che questo matrimonio ha cominciato a scricchiolare. Ma in un attimo si può tornare quello che si era prima, o quello che si era poi, continuando a ruotare. Solo fermarsi è la morte.

Si sa, Zeus ci ha divisi a metà e costretti a cercarci, ci ha indeboliti rendendoci mezzi. Una volta eravamo interi e ruotavamo, come un perfetto movimento centrale, poi la ruggine e le concrezioni ci hanno rubato l’equilibrio e i due pedali non hanno avuto più gli stessi sogni, si sono persi, si sono dovuti fermare. Li abbiamo dovuti staccare e separare. «Ma i pezzi di ricambio in una storia d’amore non servono Manlio, non c’è ferro ma c’è carne, e sulla carne non viene la ruggine, però è vero che è al desiderio e alla ricerca dell’intero che si dà il nome di Amore».

Racconto premiato al concorso letterario #Bicistorie promosso dal social network Penne Matte e pubblicato su BC 6.1 (gennaio/febbraio 2016).