La bici fa bene. Lo sa bene chi la usa regolarmente, lo confermano numerosi studi scientifici. L’ultimo in ordine di tempo arriva dal Regno Unito pubblicato nella rivista Bmj Public Health e condotto da Bruce Whyte, del Glasgow Centre for Population Health. Secondo i ricercatori chi va al lavoro in bici o a piedi – gli europei però lo fanno ancora troppo poco – ha un rischio minore di malattie sia fisiche che mentali.
I ricercatori hanno utilizzato dati rappresentativi a livello nazionale provenienti dallo Scottish Longitudinal Study (Sls), concentrandosi su persone di 16-74 anni. L’analisi finale si è basata su 82.297 persone, cui è stato chiesto il mezzo di trasporto utilizzato. Il viaggio attivo è stato definito come camminare o andare in bicicletta. Tutti gli altri metodi sono stati definiti come di pendolarismo ‘inattivo‘. Le risposte sono state collegate a ricoveri ospedalieri nazionali per tutte le cause, malattie cardiovascolari, cancro e incidenti stradali; decessi per tutte queste cause; e prescrizioni per problemi di salute mentale (sedativi, farmaci per l’ansia e antidepressivi) dal 2001 al 2018 inclusi.
La bici fa bene, più che camminare
I pendolari bici lavoro e bici scuola hanno ha un rischio inferiore del 47% di morte, a un rischio inferiore del 10% di ricovero ospedaliero per qualsiasi causa e a un rischio inferiore del 24% di ricovero ospedaliero per malattie cardiovascolari. Anche il rischio di ricevere una prescrizione di farmaci per malattie cardiovascolari si riduce del 30%, e del 51% il rischio di morire di cancro, del 24% il rischio di ricovero per il cancro, del 20% il rischio di ricevere farmaci per problemi di salute mentale. Anche se, ovviamente, resta doppio il rischio di ricovero per incidente.
Per i pendolari che invece scelgono di muoversi a piedi, anche associando un altro mezzo di trasporto, si associa ad un rischio inferiore dell’11% di ricovero ospedaliero per qualsiasi causa e a un rischio inferiore del 10% di ricovero ospedaliero per malattie cardiovascolari. È stato anche associato, rispettivamente, a rischi inferiori del 10% e del 7% di ricevere prescrizioni di farmaci per malattie cardiovascolari e problemi di salute mentale.