Partiamo dalla (debole) linea difensiva. «Mi dispiace per quello che è successo. Non sono mai stato un delinquente, non ho mai frequentato dei teppisti». Questo è quanto ha detto nei giorni scorsi davanti al giudice l’uomo responsabile dell’omicidio di Paul Varry, 27 anni, il ciclista che ha investito e ucciso a bordo del suo suv dopo una lite scoppiata in mezzo al traffico a Parigi, lungo boulevard Malesherbes.
Stando alle ricostruzioni, il conducente avrebbe tagliato la strada al ciclista, che per protesta avrebbe poi dato un colpo all’auto. La difesa dell’uomo alla guida del suv ha spiegato che il conducente avrebbe perso il controllo del veicolo. Ma non spiega come mai abbia deciso di allontanarsi per poi investire Paul Varry. Come riporta Le Monde, dei 226 ciclisti che hanno perso la vita nel traffico in Francia nel 2023, Parigi ne conta solo uno. Passi avanti nella metropoli ne sono stati evidentemente fatti. Ma il caso el ciclista investito da un suv ha riacceso nel Paese il dibattito sulla violenza stradale.
«Inaccettabile morire oggi a Parigi, a 27 anni, andando in bicicletta» ha dichiarato la sindaca di Parigi Anne Hidalgo, che ha dedicato i propri mandati al sostegno alla mobilità attiva, contribuendo a trasformare la capitale francese in una delle città europee modello per politiche sulla ciclabilità. Come si legge su France24, la prima cittadina ha annunciato l’intenzione di dedicare un luogo pubblico a Paul Varry.
Attivista nell’associazione Paris en Selle, Paul Varry è stato ricordato il week end scorso con manifestazioni sia nella capitale che nel resto della Francia. La notizia del ciclista morto a Parigi ha animato riflessioni anche in Italia, dove da anni associazioni e cittadini si stanno battendo per fare emergere la questione della sicurezza stradale non come una priorità di parte, ma come un elemento essenziale per tutte le persone.