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7 miti da sfatare sulle e-bike

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Che le e-bike siano il fenomeno del momento, è un dato di fatto. I numeri del mercato ci danno la conferma ufficiale che l’Italia vada pazza per le biciclette cosiddette elettriche: secondo Confindustria Ancma, nel 2017 sono state vendute 1 milione e 668mila biciclette e di queste 148mila erano e-bike, il 19 per cento in più rispetto al 2016. Insomma, che le si usino in città per spostarsi comodamente da casa verso l’ufficio (e viceversa), oppure in montagna per scoprire paesaggi fino a prima inesplorati su due ruote, sempre più italiani scelgono una bici a pedalata assistita. Ma nonostante tutto ciò, i mezzi elettrici attirano ancora parecchie critiche e sono destinatari di una lunga serie di pregiudizi che spesso e volentieri sono solo miti da sfatare. Vi aiutiamo noi a farlo.

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In salita le e-bike aiutano, ma non risolvono il problema: per arrivare in cima bisogna pedalare!

NON SONO BICICLETTE – Insomma, non si pedala. Nell’immaginario comune si associa spesso l’e-bike a una specie di motorino. “Schiacci il bottone e vanno da sole”, dice l’uomo della strada. Invece no: bisogna pedalare, eccome. L’assistenza è ottima in ripartenza o in salita e nelle fasi di fatica: ma il motore stoppa la sua funzione di aiuto quando si superano i 25 chilometri orari di velocità. E per raggiungerli, anche spostandosi in città, non bisogna di certo essere dei campioni. Quindi, pedalate gente, pedalate. Anche con le e-bike.

MA QUANTO PESANO – Il motore pesa, la batteria pure. Certo, come darvi torto. Ma la tecnologia, come in ogni altro campo, sta facendo enormi passi in avanti. Così i motori e le batterie diventano più piccoli e leggeri, si integrano ai telai, diventano un tutt’uno con la bicicletta. In un certo senso “spariscono”, non solo dalla vista ma anche dalla sensazione di essere un peso, un ingombro. Ci sono mezzi da città il cui peso è notevolmente inferiore ai 20 chili: se siete tipi sportivi potete trovare sul mercato e-mtb o e-road bike con telai in carbonio che pesano, complessivamente, 15 chili. Le e-bike hanno fatto la dieta, ecco.

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Estetica e funzionalità sono due caratteristiche sempre più presenti nelle e-bike di utima generazione.

SONO BRUTTE – Per il ciclista, urbano e non, l’estetica conta. Eccome se conta. E le pedelec, come le chiama la normativa europea di riferimento, sono goffe, grosse, brutte. Antiestetiche. Falso: o meglio, era vero in passato. Il design è un mantra a cui non si può rinunciare anche nel campo elettrico e le case produttrici disegnano i nuovi modelli tenendo conto non solo della comodità ma dei canoni di riferimento del momento. C’è di più: le aziende realizzano le e-bike sui telai e sulle geometrie delle bici muscolari. E si sa che nel mondo del fashion la bellezza non è affatto un assett secondario. State tranquilli dunque, non passerete inosservati.

SERVE LA TARGA – Dipende. Se parliamo di e-bike, quindi di biciclette, “mezzi dotati di un motore ausiliario elettrico avente potenza nominale continua massima di 0,25 kW la cui alimentazione è progressivamente ridotta e infine interrotta quando il veicolo raggiunge i 25 km/h o prima se il ciclista smette di pedalare”, allora no. Come recita la direttiva 2002/24 CE, recepita in Italia con un Decreto ad hoc nel 2003, e-bike si questo tipo sono biciclette a tutti gli effetti e quindi non hanno bisogno della targa, cioè non devono essere immatricolate (forse sarà necessaria l’assicurazione). Discorso diverso le per “speed e-bike”. Ma quella, non preoccupatevi, è tutta un’altra storia.

Le bici a pedalata assistita sono ormai una comoda opportunità anche per i giovani
Le bici a pedalata assistita sono diventate una comoda opportunità anche per i più giovani.

ROBA DA VECCHI (E SFIGATI) – Forse per il bike to work, forse per muovermi in città. Non di certo per fare sport. “La usano i vecchi”. “Roba da sfigati”. I cicloamatori duri e puri hanno le loro regole. E lo stesso si potrebbe dire per i viaggiatori su due ruote che partono per grandi avventure sui pedali per cui la riuscita della loro impresa è proporzionale al grado di fatica da mettere in conto. Dice così chi non ha mai provato una e-bike, chi non ci è mai salito in sella. Provare per credere: in molti saranno costretti a rimangiarsi quasi la metà delle parole buttate al vento.

E LA CARICA DURA POCO – Questa falsa leggenda, o meglio, non del tutto vera, tiene lontani dalle e-bike soprattutto quelli che fanno cicloturismo. Restare “a secco” di batteria nel bel mezzo di una tappa lunga, pesante, magari controvento, non sarebbe affatto simpatico. Ma, come già detto più sopra, l’evoluzione tecnologica corre a ritmi frenetici e così le batterie diventano sì più piccole e leggere, ma allo stesso tempo più performanti e garantiscono una maggiore autonomia. Le case produttrici garantiscono anche 100 chilometri di autonomia, non di certo col “turno”, ma con un’assistenza leggera e costante, quindi gradevole. E il “pieno” si fa in poche ore.

SI’, PERO’ COSTANOLast but non least. Veniamo al portafoglio. In Italia (come all’estero) le bici vanno a ruba. Intendiamoci, non solo nelle vendite. I furti sono un grattacapo non di poco conto e la paura di vedere sparire la bici acquistata poche settimane prima, tiene lontani molti possibili acquirenti e ciclisti. In questo scenario difficile, perché mai spendere migliaia e migliaia di euro per un mezzo elettrico? La risposta è semplice: non servono migliaia e migliaia di euro. Intorno ai 1.000 euro ci sono modelli di qualità e l’aumento costante della domanda sta portando a un ribasso delle tariffe. Ecco, di certo poi non risparmiate sul lucchetto.