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Pista a luci rosse

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Uno specialista delle Sei Giorni, un dominatore dei velodromi di tutto il mondo, Nando Terruzzi sapeva farsi valere anche con le tifose, nelle camerette sotto le tribune.
Una sfida continua con l’amico-rivale Fausto Coppi.

La pista è sempre stata una specialità di grande successo nella storia del ciclismo. Di sera e spesso per tutta la notte, in occasione delle Sei giorni, nei velodromi d’Europa e d’America si correvano sulle levigate piste in legno gare di inseguimento e di velocità che entusiasmavano le folle dei tifosi. Meno noto era quello che, durante gli intervalli di gara, avveniva nelle camerette, sottole gradinate riservate al riposo dei campioni, dove non di rado si svolgevano incontri galanti e traffici erotici con l’ovvia complicità di massaggiatori e di custodi.

Fausto Coppi è stato anche un grande pistard, com’è noto, e nelle gare a coppie il suo compagno preferito era Ferdinando Terruzzi, soprannominato il “Re delle Sei giorni”, un vero campionissimo delle gare su pista del dopoguerra. “Nando”, come veniva chiamato, era un vero acrobata della pista, sfoderava guizzi incredibili e scatti di velocità che mandavano in delirio la folla; non esitava a infilarsi nel pertugio più stretto per bruciare tutti sul traguardo. Con i gomiti allargati per tenere lontano l’avversario, le cosce straripanti di potenza, la testa schiacciata sul manubrio e il naso che sfiorava la ruota anteriore, sembrava un trapezista senza rete.

Si comportava un po’ da cow-boy e un po’ da clown

Quando ormai aveva un vantaggio incolmabile era capace di fare un mezzo giro di pista con i piedi sul manubrio, oppure ricorreva al suo numero preferito, quello di curvarsi tutto sul manubrio fino a strofinare il naso sulla ruota come se fosse una specie di freno.

Coppi aveva un’ammirazione sconfinata per Terruzzi perché lui giocava tutto sulla potenza dei muscoli e aveva paura di cadere, mentre Nando era un equilibrista sui pedali, al punto che, a dire del Campionissimo, avrebbe potuto “girare in bicicletta sull’orlo della vasca da bagno”.

Una coppia perfetta, all’atto pratico, in pista ma anche e soprattutto nel dopogara, nel corso delle scappatelle erotiche che si svolgevano sotto il palcoscenico dei velodromi.

Per tutta la vita sportiva Terruzzi era sempre stato in giro per il mondo, dall’Europa all’America fino all’Australia. La valigia era sempre pronta, difficile in quelle condizioni pensare di farsi una famiglia. Di ragazze però ne aveva sempre avute, e molte straniere, visto che correva più all’estero che in patria.

Una vita da marinaio, con una ragazza in ogni porto, o meglio da zingaro come gli aveva ricordato una volta proprio Coppi

«Dovendo fare lo zingaro, è meglio che un seigiornista non abbia famiglia», aveva sentenziato prima di perdere la testa anche lui per la Dama bianca. Nando faceva strage di cuori di ragazze soprattutto in Danimarca, dove le corse su pista attiravano folle di tifose esuberanti che mandavano decine di mazzi di fiori agli atleti più belli e simpatici, come si vede in tante fotografie, e poi ovviamente volevano avvicinarli, chiedere l’autografo, e a volte capitava che qualche giovane più intraprendente delle altre si accordasse con il portiere per aspettarli davanti alla camera d’albergo. Al velodromo di Copenhagen c’era l’usanza di distribuire all’entrata un piccolo cuore di cartone, con la scritta “B.T.” della rivista che sponsorizzava l’evento, sul quale le ragazze scrivevano il nome del loro corridore preferito, ovviamente perché, oltre che bravo, era anche un bel ragazzo. Ebbene, Nando aveva vinto sette volte sulle dieci in cui si era svolto questo simpatico sondaggio ciclistico-sentimentale.

L’episodio forse più curioso della storia sportiva ed erotica della nostra coppia di campioni si era svolto nel marzo 1952.
Coppi si apprestava a vincere per la seconda volta nella stessa stagione Giro e Tour e nel frattempo rifiniva la preparazione in pista correndo la Sei giorni di Parigi nel famoso Vel d’Hiv. Quell’edizione è passata alla storia non tanto per la rovinosa caduta del Campionissimo di Castellania quanto piuttosto per un fatto piccante raccontato proprio dal suo compagno. Nelle pause della corsa Terruzzi dormiva in una cameretta all’interno della pista, mentre Fausto poteva permettersi di riposare in albergo. Una sera Nando aveva sentito aprire la porta e visto nella penombra una conturbante figura femminile che gli aveva chiesto se c’era Coppi.
Lui aveva subito capito l’antifona e forse, anche se mezzo insonnolito, aveva azzardato l’approccio erotico per conto terzi, approfittando dell’assenza del collega: «No, c’è solo Nando, non c’è Fausto», aveva risposto. La donna non aveva abboccato, era uscita senza dire una parola ed era entrato un accompagnatore, il quale aveva rivelato al deluso pistard a luci rosse che la bella ammiratrice era nientemeno che Gina Lollobrigida. Che intenzioni avesse la Lollo non è dato sapere, ma a noi piace pensare, come a Terruzzi, che fossero state un po’ maliziose.
Nel 1952 Coppi aveva già iniziato da tempo la sua storia d’amore con Giulia Occhini, la famosa Dama bianca, che, tra l’altro, era molto gelosa e tremendamente possessiva. Per sua fortuna, dunque, il caso lo aveva tenuto lontano, quella volta a Parigi, dalla tentazione della Lollobrigida.

Ma la testimonianza di un addetto ai lavori, il massaggiatore di fiducia Giannetto Cimurri, è la conferma che

tanto Coppi quanto Terruzzi consideravano i camerini dei velodromi, all’occorrenza, anche come alcove.

L’anno era ancora il 1952 ma la pista era quella del Vigorelli di Milano. Il clou del programma pomeridiano era rappresentato da una sfida tra Coppi e l’australiano Sid Patterson, campione del mondo dell’inseguimento; per il vincitore c’era un premio di ‘un milione tondo.
Premuroso come sempre, Giannetto aveva bussato alla porta dello spogliatoio, era entrato e chi aveva trovato? Fausto a letto con Giulia. Gli aveva detto di sbrigarsi perché era tardi e l’avversario era un tipo tosto, un vero specialista della pista.
Con fare spavaldo, per farsi bello con l’amante, il Campionissimo aveva risposto che «poteva starsene tranquillamente a fare l’amore, tanta era la distanza che lo separava da quell’avversario».
Naturalmente aveva vinto lui, a letto come in pista!

 

 

PedalareSex and the bici - copertina del libro di Walter Bernardi stanca. Ma non del tutto…

Per la gente i corridori erano angeli che volavano sulle biciclette, ma anche loro cadevano in tentazione. Sfatando tante leggende si scopre, rovistando tra i ricordi di campioni e gregari, che nelle camere d’albergo, tra un autografo e un massaggio, il sesso non mancava. Dopo aver fatto inforcare la bicicletta alla filosofia, ora Walter Bernardi si diverte a smontare il mito del casto ciclista.
Il suo Sex and the Bici (Ediciclo) racconta le gesta erotiche di campioni e gregari, dagli anni epici dei pionieri Girardengo e Binda all’epoca d’oro di Coppi e Bartali, quando le tappe del Giro e del Tour spesso si trasformavano in un’allegra giostra dell’amore. Ma ancora oggi le due ruote paiono accoppiarsi bene con l’immaginario erotico, maschile e femminile. Se Freddie Mercury e i Queen mettevano in sella decine di belle ragazze come mamma le aveva fatte e affidavano a loro il compito di far “girare il nostro traballante mondo”, vuol proprio dire che la bici è rock, non solo sexy. (ndr)