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Le biciclette dipinte di Toni Demuro: “come gli alberi, sono un simbolo dell’universo”.

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Toni Demuro, artista. Il primo amore è stato una bicicletta: “Una Graziella. Ma più della Graziella, mi sono innamorato di quello che la Graziella rappresentava: l’aria, la terra, la libertà”. E il grande amore è arrivato su una bicicletta: “Pedalava dalla campagna alla città. C’era qualcosa di speciale, di visibile, di unico. In lei più che nella sua bici. Si chiamava Annalisa. Ci siamo sposati”. Da allora forse ogni bicicletta è diventata un atto di amore o una dichiarazione di amore: “Per la sua leggerezza, la sua sensibilità, la sua umanità. Per i suoi silenzi e per la sua pulizia. Per la sua semplicità”.

La nuova bicicletta di Toni Demuro ha una ruota sola, è Loc_2018-DEF (5)cavalcata da un equilibrista (equi-libri-sta), forse da un artista, forse da uno scrittore, che con la fronte tiene diritto un albero (o forse no: albero ed equilibrista sono un tutt’uno), mentre l’albero perde qualche foglia, qualche pagina e anche qualche libro, o forse li semina, li distribuisce, li diffonde, e sullo sfondo l’equilibrista è abbracciato da un anfiteatro di montagne. È la locandina del festival W la bici viva, che va in scena a Feltre, in provincia di Belluno, dal 5 al 15 aprile (ne abbiamo già parlato qui), dove le due ruote saranno omaggiate e celebrate attraverso incontri letterari e appuntamenti musicali, eventi sportivi e incroci turistici.

Prima di aggrapparsi al manubrio di una bici, Toni Demuro si era arrampicato sul ramo di un albero: “Da piccolo disegnavo come fanno, inconsapevolmente, tutti i bambini. Familiari e insegnanti mi dicevano che ero bravo, tant’è che poi ho frequentato l’Accademia delle Belle Arti di Sassari e mi sono diplomato in pittura, ma ho atteso il 2011 prima di dedicarmi esclusivamente alle illustrazioni. Non l’ho fatto con le biciclette, ma con gli alberi, il parco-giochi della mia infanzia: li scalavo, li abitavo, lassù inventavo storie, da lassù guardavo il mondo secondo un’altra prospettiva. Così, per farmi conoscere ho aperto un blog, e quasi ogni giorno disegnavo un albero, il primo anno ne ho creati 275. E che il 2011 fosse l’anno dedicato alle foreste è stato soltanto un caso. Gli alberi sono radici e fiori, sono vento e stagioni, sono Cosimo il barone rampante di Italo Calvino e Elzéard il pastore piantatore di Jean Giono, sono un simbolo universale con la stessa forza, e anche con gli stessi poteri, delle biciclette”.

060c9682547fc6c2a0087129ef089b6eToni illustra libri didattici e libri per bambini e ragazzi, collabora con quotidiani e riviste, passa dal Piccolo Principe a Time Out, si occupa di calendari e bollettini, firma per The Boston Globe e Vanity Fair, ha un sito tutto da sfogliare (eccolo) che gli fa da vetrina: “Mi piace lavorare nel caos, dovunque ci sia vita e movimento, a casa ma nel soggiorno, in biblioteca ma con l’iPad, in auto da nomade”. Eppure il risultato sembra così lontano: “Con la bici si entra in una sorta di macchina del tempo, che restituisce la natura, la lentezza, le distanze, anche il senso della fatica”. Ha più richieste dall’estero che dall’Italia: “Da noi l’editoria vive un periodo complicato, altrove ci sono più possibilità e opportunità, dunque più coraggio”.

La bicicletta fa comunità: “E fa anche famiglia – spiega Demuro -. Io, Annalisa, Pietro che va all’università e Giovanna che va alle medie. La nostra è una famiglia a due ruote”.