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Lavoro più sicuro per i rider con le nuove tutele dall’Europa

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Rider, una buona notizia dall’Europa. Da Bruxelles la riunione dei ministri delle occupazioni e degli affari sociali ha dato il via libera alla normativa diretta a migliorare le loro condizioni di lavoro. Una decisione arrivata dopo una lunga serie di sedute negative e compromessi che avevano visto diversi paesi dell’Unione mettersi di traverso. Alla fine anche Grecia ed Estonia hanno detto sì, mentre Germania si è astenuta e Francia ha votato contro.

Per i rider la presunzione giuridica

La vera novità riguarda l’inversione dell’onere della prova: in sintesi non toccherà più ai lavoratori, ma alle piattaforme digitali dimostrare che non esiste un contratto di lavoro subordinato, sulla base del diritto nazionale, dei contratti collettivi e tenendo conto della giurisprudenza Ue. I rider o i loro rappresentanti potranno sostanza invocare una presunzione giuridica. “Una volta che questione viene sollevata, con l’inversione dell’onere della prova è la piattaforma che deve dimostrare che ricorre a lavoratori genuinamente autonomi – commenta Nicola Marongiu, responsabile dell’area contrattazione, politiche industriali e del lavoro della Cgil -. E il provvedimento conseguente non riguarderà solo la persona che ha confutato il suo status ma tutti i lavoratori che operano per quella piattaforma”. Una svolta di enorme importanza nella galassia rider che comprende 28 milioni di occupati censiti nel 2021 dalla Commissione, destinati a diventare 43 milioni entro il 2025. In condizioni nella maggior parte dei casi di estrema precarietà come evidenziato da una ricerca universitaria a Milano, capitale della gig economy e del food delivery.

Una frenata agli algoritmi

Ma non basta. La nuova normativa mette a fuoco il problema degli algoritmi che regolano il lavoro dei rider. I lavoratori dovranno essere informati sui sistemi automatizzati di monitoraggio e di come si arriva alla loro assunzione, di come si determinano i lle condizioni di lavoro e i guadagni. Inoltre è vietato il monitoraggio automatizzato di dati personali come quelli biometrici o relativi allo stato psicologico.

Dopo essere stato tradotto in tutte le lingue dei paesi Ue, il testo dell’accordo sarà adottato ufficialmente del consiglio e dal parlamento europeo. Per gli stati membri vale un termine di due anni  per recepire le disposizioni della direttiva nella loro legislazione nazionale.